• I Miraggi dell'Estremo Oriente



    Dal Vietnam Vespe restaurate, colorate e accattivanti, ma nascondono mille insidie. Vogliamo finalmente smascherarle


    Il fenomeno nel nostro Paese non ha ancora assunto proporzioni preoccupanti. Ma, come si suol dire, prevenire è meglio che curare. Alla luce di questo sano principio, vorrei porre l’attenzione sul tema delle Vespa restaurate in Estremo Oriente – e citerei a questo proposito il Vietnam come epicentro – e poi rivenduti in Europa, Oceania e America del Nord.
    La premessa doverosa è che in Asia la nostrana Vespa è assai diffusa, grazie anche all’attività di diverse aziende licenziatarie che nel passato hanno stretto accordi con Piaggio. Delle vere e proprie ambasciatrici dello scooter italiano per eccellenza. E non è certo verso di loro che dobbiamo puntare il dito, alla luce del monito che sto per snocciolare in questo articolo.
    Dicevo: la Vespa è estremamente diffusa nei paesi più poveri dell’Asia, seconda forse solo al «Cub» della giapponese Honda. E’ chiaro quindi che quelle zone costituiscono un ricco di bacino di mezzi d’epoca; se due più due fa quattro, è chiaro come l’orientale attenzione per le fonti di guadagno abbia sfruttato la crescente «febbre da scooter» dei Paesi Occidentali.
    Il passo è breve, e così in Vietnam ed in Indonesia sono fiorite delle attività più o meno improvvisate di ricondizionamento di Vespa e Lambretta d’epoca. Mezzi rigorosamente molto vissuti, secondo gli usi di quelle popolazioni.

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    Una Sprint restaurata in Vietnam. Si notino la livrea bicolore e l'abbondanza di fregi cromati.


    I “restauri” (termine che uso tutt’altro che volentieri, in questo frangente) di provenienza asiatica mostrano la scarsissima professionalità dei loro autori. Ma quel che trae certamente in inganno, è l’aspetto estetico decisamente accattivante del prodotto finale, pur essendo ben distante dal concetto di «originalità» tanto caro agli appassionati, in particolare italiani.
    Sotto ad un vestito lucido e sgargiante – e sotto a diversi millimetri di stucco e resine – si celano tanto i danni del tempo e dell’utilizzo, tanto quelli dei discutibili interventi di ricondizionamento. Chi ha avuto modo di intervenire su questi mezzi, si è spesso trovato davanti a scene quasi inverosimili: telati ottenuti saldando lamierati donati da più Vespe, con saldature tutt’altro che precise e inesistenti lavori di lattoneria. Certo, ci pensano stucco e vetroresina a mascherare. E’ chiaro che un telaio così ottenuto non dà confortanti garanzie sulla sua robustezza. Questo pone anzitutto un discorso sulla sicurezza, elemento che deve essere sempre caro, tanto più se riguarda il mondo già di per se insidioso delle due ruote.
    Non finisce qui: anche il versante della meccanica non è minimamente curato, ed anche qui a farne le spese è certamente la sicurezza, oltre che l’efficienza e l’affidabilità complessiva del mezzo. I motori sono spesso stati oggetto di vere e proprie sevizie. Il web è ricco di inquietanti servizi fotografici che ben documentano lo scempio. Non è raro trovare viteria devastata e cuscinetti ed alberi estremamente usurati; spesso la minuteria originale è rimpiazzata con pezzi creati con mezzi «di fortuna», per usare un eufemismo. I giochi meccanici sono spesso eliminati usando lamierini e pezzi di lattine (!), inseriti come spessori. Gli anelli seeger sono talvolta rimpiazzati da cavi in rame arricciati. Riparazioni così approssimative, ovviamente, non permettono di mantenere gli accoppiamenti nelle dovute tolleranze. Di conseguenza, i motori così assemblati sono soggetti a continui problemi, oppure funzionano per un periodo assai limitato, manifestando prematuramente inconvenienti anche piuttosto gravi.
    Non finisce qui. Interventi devastanti interessano frequentemente anche il sistema frenante, gli attacchi degli ammortizzatori e delle ruote: logicamente anche in questo caso la sicurezza è un aspetto totalmente trascurato.
    Vi propongo di approfondire l’argomento dando uno sguardo ad alcune pagine web. La prima, raggiungibile a questo indirizzo, documenta quella che è l’esperienza di un utente del nostro forum, Ronco. E’ una pagina divenuta piuttosto famosa e narra della «VBB nera», una Vespa assai sfortunata che suo malgrado è divenuta un po’ il simbolo della tendenza oggetto di questo articolo.

    Una VBB mascherata da farobasso. Le Vespe vietnamite sono anche questo: lo stravolgimento parziale delle forme, ottenuto con l'utilizzo di abbondante vetroresina, produce questi risultati. Il prodotto finale, tuttavia, è di dubbio gusto: un clamoroso falso storico.


    Un’altra pagina che consiglio caldamente di visitare è quella raggiungibile a quest'altro indirizzo. Contestualmente al resoconto, in lingua francese, trovate il link ad una galleria fotografica: un reportage assai esaustivo.
    Abbiamo fin qui messo in guardia sulle conseguenze cui si andrebbe incontro con un simile incauto acquisto. Ora vediamo come riconoscere questi mezzi. Cosa di fatto non difficile, perché come anticipato sono scooter dalle colorazioni spesso sgargianti, dotati di numerosi accessori cromati e vernice sempre lucidissima.
    In un forum statunitense ho rintracciato un dossier piuttosto sintetico ma perfettamente funzionale al riconoscimento dei «pasticci vietnamiti». E’ raggiungibilea questo indirizzo.
    Prendendo spunto da quelle informazioni, vediamo di elencare quegli elementi che possono aiutarci nel riconoscimento.
    Anzitutto partiamo coi modelli maggiormente interessati: si tratta quasi sempre di Vespe VBB, Sprint e Super. Tutte versioni estremamente diffuse in Vietnam ed in Indonesia. Doveroso aggiungere le ricercatissime 50SS e 90SS: molti esemplari, spesso rivelatisi contraffatti, arrivano da quelle zone. Ma per questi due ultimi modelli il discorso è più complesso (proprio per la questione dei falsi) e pertanto è opportuno rimandarlo, con l’intento di trattarlo con la dovuta completezza.
    Proseguiamo nel nostro viaggio alla scoperta dei «caratteri distintivi» delle Vespe vietnamite, procedendo dai dettagli più appariscenti. Fra questi, la colorazione: spesso sgargiante e bicolore, con un ampio utilizzo di tinte metallizzate e perlate (ma non mancano Vespe con colori pastello anche tenui, e livree monocolore non molto diverse da quelle originali). Balzeranno poi all’occhio gli accessori cromati – solitamente presenti in quantità – quali portapacchi, paracolpi di ogni genere, schienali con cuscino, borchie copriruota, bordiscudo tubolari in luogo di quelli in alluminio.
    Prestate poi attenzione a particolari come le selle e la marmitta. Le prime sono spesso molto colorate, talvolta anch’esse bicolore. Nel caso delle selle monoposto, se la maniglia è cromata, questo è già un buon indizio. Quanto alla marmitta, i «restauratori» vietnamiti amano che sia anch’essa cromata. Magari a doppio scarico, un po’ a fare il verso alle vecchie Abarth nostrane. In caso di improvvisi moti di sobrietà da parte delle manovalanze asiatiche, potreste trovare il solo terminale cromato.
    Osservate attentamente anche la strumentazione. Solitamente vengono montate delle pessime riproduzioni, ben diverse dai contachilometri originali. Possono rivelarsi – osserva l’autore della discussione sopra citata – anche parecchio fragili e soggetti a precoci guasti. Va meglio quando troviamo montato uno strumento di derivazione Bajaj: esteticamente molto diverso, ma almeno funziona dignitosamente.
    Un altro elemento ricorrente è il bauletto retro scudo, solitamente montato anche sui modelli (quali i tre citati in precedenza) che in origine non lo prevedevano affatto. La forma di tale bauletto è solitamente molto simile a quello che, all’epoca, equipaggiava la GS 160.
    Altri dettagli che non sfuggiranno agli occhi più attenti sono le parti in gomma. Anzitutto, le scarpette di cavalletto in gomma trasparente gialla: sono pezzi ovviamente non originali e non sono diffusi in Europa. Costituiscono a tutti gli effetti un particolare distintivo, per la verità anche piuttosto antiestetico. Anche le manopole ed i numerosi profili in gomma (montati attorno al serbatoio e sulle battute degli sportelli) hanno qualcosa da dire: spesso sono ben diversi dagli originali, e l’impiego di bordature è un vero e proprio abuso, sfruttato anche per mascherare accoppiamenti imperfetti.
    Per concludere, ultimi elementi da osservare: il tappetino centrale in plastica rigida, lo stesso del PX Arcobaleno, è spesso montato sui modelli più anziani (ed il risultato ovviamente non è dei più apprezzabili); loghi e targhette di forma e colori insoliti sono infine di origine asiatica e sono usati frequentemente sulle sventurate Vespe del Vietnam.
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    Un particolare del un telaio sabbiato di una Vespa vietnamita. Si tratta, in particolare, della VBB nera la cui storia si trova nel link al sito di Ronco.

    Chiudo così questa carrellata, pur con la consapevolezza che se ne potrebbe parlare molto più a lungo. Chiudo, dunque, con la più naturale considerazione, alla luce di quanto espresso: prudenza negli acquisti e massima attenzione ai dettagli; non fatevi ingannare dal prezzo appetitoso: in questo caso è appropriato il detto «Chi meno spende più spende».
    Da non confondere con tutto questo i mezzi di derivazione Vespa prodotti dalle licenziatarie LML e Bajaj: i livelli qualitativi sono ovviamente ben diversi, paragonabili a quelli della produzione italiana. Del resto la produzione in serie prevede un «controllo qualità», ovviamente del tutto assente nell’attività di ricondizionamento «artigianale e truffaldino» di cui abbiamo pocanzi parlato.
    Quando si tratta di mezzi restaurati, diffidate, in particolare, di quelli provenienza incerta; è sempre bene dubitare criticamente del lavoro altrui, perché spesso la professionalità lascia il posto alla fretta ed alla fame del massimo guadagno. Nella scelta è sempre bene farsi assistere da chi ha maturato una maggiore esperienza e può così scongiurare incauti acquisti.

    Marco Benardi
    Marben per vesparesources.com




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