Mi interesso di economia e le tematiche energetiche mi appassionano.

Visto che l'argomento coinvolge tutti noi, vorrei condividere con voi questa analisi sul petrolio redatta da Leonardo Maugeri, direttore di Strategie e Sviluppo di ENI, membro di importanti enti di studio delle economie energetiche e brillante autore di libri sul tema energetico.

Fonte: Il Sole 24 Ore


"Per molto tempo ho cercato di ammonire sul carattere ciclico del mercato del petrolio, sul fatto che ogni crisi – per quanto acuta – tende sempre a finire con un crollo dei prezzi. Così come ho cercato di spiegare come tanti dei luoghi comuni che dominano l'informazione sull'oro nero siano privi di fondamento, e come debbano considerarsi con sospetto le interpretazioni e le previsioni a senso unico. Che, tuttavia, finiscono sempre per plasmare l'opinione collettiva.

Il 2008 ci ha offerto una pletora di cattive analisi e previsioni così lontane dalla realtà da apparire imbarazzanti se rilette oggi. Eppure, gli stessi analisti e sedicenti esperti continuano imperterriti a offrire la loro visione delle cose, complice la scarsa memoria dei loro vaticini di ieri. Per queste ragioni, invece di scrivere su che cosa succederà, ho preferito riassumere in questo articolo di fine anno una serie di antidoti da tenere presenti – nel corso del 2009 – nel leggere o nell'ascoltare le tante previsioni che fioriranno.

Mai fidarsi delle previsioni (e dell'Aie)
Il primo antidoto riguarda il sospetto con cui è necessario accogliere le previsioni su domanda, offerta e prezzi del petrolio - a partire da quelle dell'Agenzia internazionale dell'energia (Aie).
Prevedere l'andamento del greggio e dei suoi prezzi non è difficile, ma virtualmente impossibile, a causa di una cronica incompletezza di dati. Questo è un problema che affligge la comprensione del mercato petrolifero sin dalle origini, ed è ben distante dall'essere risolto. Si tenga presente, per esempio, che la Cina e molti altri Paesi in via di sviluppo non hanno mai adottato un completo sistema di raccolta statistica dei dati relativi ai loro consumi, alle loro scorte di petrolio e ad altre grandezze collegate. Ma anche i dati reali riguardanti la domanda dei Paesi industrializzati si conoscono spesso con molto ritardo, mentre perfino l'Opec è costretta a ricorrere a fonti secondarie per conoscere la produzione effettiva dei suoi Stati membri. Di conseguenza, conosceremo con certezza i livelli effettivi dei consumi e delle scorte mondiali solo tra un anno o due: i numeri che leggiamo oggi sono solo stime, che potrebbero cambiare nel futuro. Questo spiega - in parte - perché la storia del mercato petrolifero (fino a ieri) sia costellata di previsioni così sballate da far apparire più seria anche la cartomanzia.

Meno comprensibile, tuttavia, è sia la costanza dell'errore, sia la scientifica diffusione a mezzo stampa dell'errore stesso da parte di chi ha come missione e obiettivo quello di presidiare e elaborare i dati sul mondo dell'energia per conto dei Paesi industrializzati. Sto parlando dell'Agenzia internazionale dell'energia (Aie), che ha svolto un ruolo ancora una volta discutibile nel rispondere all'oggetto della sua missione, sbagliando troppo, troppo a lungo, e dando alla sue errate previsioni un risalto mediatico mai visto nel passato, attraverso road-show mondiali e presentazioni ai quattro angoli del globo.

A partire dal 2004, l'Agenzia ha costantemente sbagliato le sue previsioni, sempre sovrastimando la crescita della domanda e sottostimando quella dell'offerta. Ma il culmine lo ha raggiunto proprio nel 2008. A gennaio di quest'anno, essa aveva previsto che nel 2008 la domanda di petrolio sarebbe cresciuta di 2,1 milioni di barili al giorno (mbg) – cioè più di quanto produca in un giorno un Paese come il Kuwait. Questa previsione aveva contribuito ad alimentare la percezione che i consumi di petrolio crescessero a livelli difficilmente eguagliabili dall'offerta, e pertanto aveva rappresentato un fattore oggettivo di sostegno alla continua crescita dei prezzi. A partire da febbraio, quasi in silenzio l'Agenzia aveva costantemente rivisto al ribasso - mese dopo mese - quella previsione abnorme. Ma solo tre settimane fa ha ammesso per la prima volta che la domanda nel 2008 è prevista in diminuzione di circa 200mila barili al giorno (bg). L'ennesima stima che – con ogni probabilità – si rivelerà sbagliata per difetto. Come quella lanciata dalla stessa Agenzia appena due giorni fa, che ha ipotizzato un prezzo del petrolio a 100 dollari tra il 2010 e il 2015.

Il problema di tanti errori è enorme, poiché l'Agenzia è la fonte più seguita al mondo per tutte le analisi di domanda e offerta di petrolio, quella su cui si fondano i database della gran parte di banche, società petrolifere e perfino Paesi produttori. Pertanto, le sue previsioni hanno un'influenza capillare e pervasiva sulla formazione delle aspettative e sulla psicologia dei mercati e degli analisti.
Sarebbe quindi opportuno che i Governi che ne finanziano l'esistenza – cioè quelli dei Paesi industrializzati – le chiedessero maggiore pacatezza di giudizio e più sobrietà nello stile di comunicazione quando diffonde dati che poi si rivelano così lontani dalla realtà. E, in ogni caso, dopo tanti errori sarebbe lecito dubitare nel futuro di ogni sua previsione.

Il petrolio finisce... per la quarta volta?
Un'altra convinzione nefasta ha trovato nuovamente spazio in questi anni, e non si è ancora allontanata. Si tratta dell'idea che la produzione di petrolio sia destinata a scendere dopo aver già toccato il massimo, poiché le riserve di petrolio cominciano a esaurirsi.
Purtroppo il pubblico – ma soprattutto coloro che formano le opinioni e quanti prendono le decisioni per la collettività - hanno dimenticato che il mondo dovrebbe essere prossimo a restare senza petrolio per la quarta volta almeno! Il primo allarme sulla fine delle grandi riserve di greggio statunitensi (allora le più grandi conosciute al mondo) arrivò durante la Prima guerra mondiale; il successivo allarme arrivò nel corso della Seconda guerra mondiale. Il terzo allarme, infine, giunse negli anni 70, con la certezza quasi matematica di un declino della produzione petrolifera dopo il 1985-86. Vale solo la pena di ricordare che ogni allarme si risolse in una nuova ondata di sovrapproduzione e collasso dei prezzi.

Da allora in poi, per quanto a lungo oscurati, gli stessi esperti che ancora oggi propagandano la teoria del picco e del successivo declino della produzione mondiale di petrolio (il cosiddetto peak oil) hanno individuato date puntuali che si sono rivelate del tutto infondate. Per loro, il peak oil sarebbe dovuto arrivare nel 1989, poi nel 1992, poi nel 1994 e così via. Adesso dicono che arriverà entro il 2010 o poco dopo. E il problema è che il mondo li ascolta come fossero profeti.
In realtà il mondo è ancora pieno di petrolio per tutto questo secolo e oltre. È vero, il petrolio è una risorsa "finita": ma nessuno sa quanto "finita" sia. La maggior parte del nostro pianeta è ancora inesplorata. Inoltre, anche la dimensione e la potenzialità di quello che già conosciamo evolve nel tempo, grazie alla tecnologia e al miglioramento degli strumenti di conoscenza geologica. Questo significa che il concetto di riserve è dinamico, e non può esser fissato una volta per sempre – come pretendono i profeti di sventura. La disponibilità di quelle riserve dipende essenzialmente dal costo di estrazione e dalle tecnologie disponibili, che a loro volta dipendono dall'andamento della domanda. Se questa dovesse crescere a ritmi insostenibili e i prezzi dovessero mantenersi molto elevati, ci sarà convenienza a spendere di più e a investire in nuove tecnologie per l'esplorazione e la produzione, e pertanto ci sarà più petrolio. Altrimenti no. Purtroppo, gran parte delle previsioni sul mercato del petrolio - sia nel passato che nel presente - si basano su un assioma unidirezionale: solo la domanda di petrolio si muove verso l'alto, mentre tutte le altre variabili - dall'evoluzione tecnologica all'offerta - rimangono ferme o decrescono. Risultato: i prezzi andranno alle stelle mentre la disponibilità di petrolio si ridurrà. Per queste ragioni, è arduo trovare previsioni di 20 o 30 anni fa che descrivessero in modo accettabile la realtà di oggi. E per questo è saggio dubitare di chiunque proponga ancora oggi visioni sul futuro al 2020 o al 2030 basate sugli stessi errori di fondo. Il problema è che quel tipo di previsioni le fanno quasi tutti.
[Continua...]