Eccola, in due parti: "Quando ad un vespista -come me- viene chiesto come funziona un certo componente, spesso ci prende la passione di voler condividere fino in fondo la nostra esperienza, di non tenercela per noi, e a volte ci dilunghiamo nella spiegazione dei dettagli, perché siamo contenti quando la persona che ci ascolta capisce quello che le raccontiamo. Perché quello che per me, meccanico e vespista appare chiaro, logico, evidente, scontato, vorrei che lo fosse altrettanto per chi mi ascolta!
La domanda che a me può essere ora posta, in questo momento, potrebbe essere: “Qual è il senso di tutto questo che è successo? Perché siamo in qualche modo costretti ad essere qui oggi, con tutta questa marea di emozioni che in noi si sono formate in questi giorni?”.
Allora, ecco che vorrei suggerire una qualche risposta usando lo stesso modo di Francesco, che è quello che ho indicato nella premessa. Voglio partire da quello che si vede, da quello che è ragionevole e chiaro per tutti, per addentrarmi a descrivere i “meccanismi” più nascosti.
Partiamo, allora, dall’essenziale, da quello che “forma” il tutto di questa celebrazione: le letture che abbiamo appena ascoltato, e che costruiscono il patrimonio della fede della Chiesa:
“Carissimi, noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna. Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli.” (1Gv 3, 14-16).
Non commento tutto questo brano, a faccio subito notare che “omicida” è anche chi non si apre a sincere relazioni con gli altri, “odiare” è anche non voler avere buone relazioni, mentre “vita eterna” è una realtà che non riguarda solo il futuro, visto che esprime un modo, una “qualità”, uno stile già nel presente. “Dare la vita” è anche spendere le proprie capacità per gli altri!
“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra. Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.»”.
Non posso dilungarmi troppo a commentare anche questo brano, che va a braccetto col precedente, anche perché lo farò pure più avanti tra le righe. Possiamo comunque notare che ai tempi di Gesù non esistevano auto e Vespe, quindi non c’erano meccanici e carrozzieri… comunque non mi sembra forzato dedurre che magari inconsciamente Francesco ha applicato come sapeva fare questi brani, mettendo amore nel fare le cose con rispetto e competenza, rendendosi aperto e disponibile a qualsiasi richiesta, non sapendo dire di no a nessuno. Magari ci può essere qualcuno che non ha apprezzato il valore della sua generosità come tale, ma il problema sicuramente non riguarda Francesco, ma chi non ha colto il suo valore!
La Chiesa (cfr. Gaudium et spes [un documento del Concilio Vaticano II di 40 anni fa]) sa benissimo che il suo Signore conserva con sé ogni attività umana fatta per costruire e migliorare la creazione in cui siamo immersi, e che ci è stata affidata. Potremmo dire che in qualche modo tutte le azioni buone che facciamo sono i mattoni che costruiscono il Paradiso, dove speriamo di andare ad abitare!
Ma attenzione: questo non è un discorso puramente “religioso”! Domandiamoci infatti che senso altrimenti avrebbe nascere, crescere, ridere, piangere, lavorare, amare… tutto quello che viviamo… se poi tutto dovesse marcire dentro una cassa di legno, come sembra che debba adesso accadere a Francesco!!!
Istintivamente, sotto sotto, rigettiamo questa idea, non la possiamo accettare, perché siamo “impastati di terra e di cielo”! È proprio vero che siamo ad immagine e somiglianza di Dio, perché aspiriamo sempre al meglio, non ci accontentiamo del presente, i limiti fisici ci stanno stretti, giustamente rigettiamo la sofferenza, perché non siamo stati fatti per questa!
Tra l’altro, però, dobbiamo sottolineare che nella nostra cultura stiamo tendendo a dimenticare che la morte è parte normale della vita terrena, passaggio necessario ineliminabile, che proprio perché esiste dovrebbe insegnarci l’equilibrio nel presente (senza farci paralizzare da questo pensiero, ma anche riconoscendo la nostra limitatezza).
Dove stava andando Francesco, domenica mattina? A vivere un’esperienza di amicizia! (A messa non ci andava perché era una cosa noiosa? Vuol dire che desiderava che fosse una festa!) Andava a ricercare una giornata in amicizia perché cercava continuamente la felicità e sapeva di trovarla in qualche modo anche in occasioni come questa!
La cerchiamo tutti questa felicità! Le amicizie vere, semplici, sincere, aiutano a realizzarla!
Lunedì mattina, in ospedale, ho assistito ad un incontro intenso che mi ha molto colpito, e che credo sia bello condividere. Era l’abbraccio tra Iacopo [il fratello di Francesco] e Federico [uno degli amici più cari di Francesco]: Iacopo abbracciava Federico per ritrovare il fratello nell’amico, e Federico abbracciava Iacopo per ritrovare l’amico nel fratello! Simbolo di un legame che supera i confini del corpo!
Noi esseri umani abbiamo bisogno di vedere, di esperienze sensibili (non per niente la Chiesa vive di sacramenti, che sono segni visibili, efficaci e “privilegiati” per entrare in contatto con Chi altrimenti rimarrebbe invisibile…), eppure in occasioni forti come queste bisogna avere l’umiltà e l’onestà di non voler pretendere di giudicare tutto attraverso gli occhi che abbiamo sulla faccia!
Non è -infatti- affatto corretto anche solo intellettualmente pensare che ciò che non si vede (quindi ora anche Francesco) automaticamente smette di esistere!
Bisogna allora onestamente affermare che Francesco ha come scavalcato un muro: noi siamo ancora al di qua di questo! Ma non abbiamo prove certe che al di là c’è il nulla assoluto, visto che non possiamo “vedere” cosa il muro nasconda!
Noi crediamo che Francesco, dall’altro lato del muro, ha trovato Dio che, accogliendolo, lo ha “agguantato” perché non finisse nel nulla!
Francesco -per la fede- non è morto: ha cambiato vita! Questo è quello che la Chiesa crede, nei suoi quasi 2000 anni di storia, che con tutti i suoi alti e bassi tutto sommato è ancora presente (se fosse un’istituzione solamente “terrena” sarebbe fallita da chissà quanti secoli!). E in maniera inconsapevole, Francesco si è preparato a questa nuova vita, dando valore al presente, senza sciuparlo.
Se ci pensiamo bene, infatti, il tempo è l’unica risorsa che di fatto non si compra, e che una volta perduta non si può recuperare! Per questo la Chiesa insiste continuamente su questo, dicendo di prendere sul serio la propria vita, dare valore a ciò che si vive, non sprecare energie in ciò che non fa crescere…"
[fine prima parte]