Non lo nego: sono stato fortunato. Da ragazzino, non mi è mai mancato niente, ho avuto il motorino, e bello pure, un Malaguti F10 del 1993 che ho portato a gloria imperitura con 62.000 km, pellegrinaggi anche di 350 km. in solitaria (si partiva con un panino e una bottiglietta di Coca-Cola nel sottosella, e 50.000 £ per l'eventuale biglietto del treno ),
Ma nella mente, il tarlo, la meditazione di una "vendetta", chiamiamola così, l'esigenza di porre una pezza ad una catastrofe: l'imperdonabile CAZZATA fatta da mio zio, di essersi giocato a carte il motorino di mio papà, il Garelli "GULP" verde pisello. Io lo volevo, un altro motorino. Volevo qualcosa di scarno, povero, che facesse quasi schifo a vederlo, per i benpensanti scooteristi appena convertiti dalla scuola giapponese alle frecce, all'indicatore della benzina e allo starter elettrico.
Il primo mezzo che io abbia mai guidato, l'ABC della guida. Avevo 12 anni, dovevo reperire qualcosa che gli somigliasse.
Così, sapendo che un mio amico aveva un mezzo interessante che giaceva abbandonato dietro casa, gli proposi di liberarsene. Glielo portai via a 70.000 £, e noncurante dell'assenza dell'assicurazione, della targa e del casco, provai al volo una messa in moto. Che ci fu, dopo qualche pedalata, segno che ero stato fortunato, e che le cose cominciavano bene.
Correva l'anno 1999, avevo 20 anni, ero un ragazzo. Rituale pulita al carburatore, pieno di benzina, e battesimo del fuoco in un cantiere aperto.
Dopo averlo portato a casa, cominciai l'inventario delle cose da mettere a posto: punto numero uno, la sella, che era marcita dopo 10 anni di pioggia, e rimaneva solo lo scheletro. Punto numero due: fanalino posteriore e pedali sbranati dal cane del precedente proprietario. Punto numero tre: una verniciatura di merda, un rosso talmente sbiadito che era diventato color antiruggine. Il resto invece, si portava sorprendentemente bene, nonostante l'anno di immatricolazione (1982) e l'incuria degli anni. Variatore, cerchi in lega, cinghia fermalibri sulla piastra portapacchi. Per essere "full optional" mancavano solo le borse laterali, il contakm. e il parabrezza. Il parabrezza non lo voglio, il contakm. l'ho comprato, le borse le avevo comprate a 30.000 £ da un ricambista anni fa, ma non avevo fatto caso che mancavano le aste di ferro che servono a non farle strisciare contro la ruota posteriore. Avevo appena cominciato a distruggerle, sentendo il fischio della ruota contro la borsa ad ogni curva, ma non feci in tempo perchè una sera, mentre ero in un bar, qualcuno pensò bene di fregarmele.
Nel frattempo, maturava l'idea di dare maggior gloria al mezzo: lo tirai a telaio, benedicendo la semplicità dei mezzi Piaggio, cominciai un lavoro di verniciatura a bomboletta venuto sorprendentemente bene, e ovviamente, cercai qualche pezzo per la classica "PREPARAZIONE".
Tanti si accontentavano, all'epoca, del cilindrino Polini, del carburatore 13/13 (unica misura compatibile coi carter Piaggio) e della monomarcia. Io feci le cose molto, ma MOLTO, più sul serio.
Rimediai a £ 50.000 dei carter Polini Speed Engine, lavorati molto meglio di quelli di serie e con una diversa logica di funzionamento della valvola di aspirazione (che viene regolata da un volano dell'albero, tale e quale alla Vespa), poi fu il turno dell'albero anticipato, della modifica Polini-Utah per il variatore (quella per cui bisogna limare le pulegge posteriori), della marmitta Giannelli Record e dulcis in fundo, del mitico cilindro "DR", Ø 43, a sei travasi. Due interminabili pieni di rodaggio, poi provai a dare tutto, umiliando uno Scarabeo tutto di serie. Era una roba INCREDIBILE, andava come una lippa.
Ma meno di un mese dopo, vendetti tutto
L'idea era di fare le cose in grande: arrivò il turno dei carter Malossi MP lamellari con carburatore Ø 19, dell'albero pieno (spedito direttamente a casa dalla ditta Mazzucchelli), del kit Polini Ø 46, variatore Malossi Multivar, marmitta Polini SP.
Velocità, più o meno la stessa di prima. Ma col triplo della coppia. Si impennava di suo tra i 30 e i 50 all'ora, tolta la partenza, che era sempre un decollo spontaneo. Spinto dalla curiosità, vendetti anche il 46 Polini per rimediare il 47 Malossi. Era introvabile già 5 anni fa, quindi optai per il 46.5 Malossi: con quello, il mio Bravo si era definitivamente elevato al rango di "belva scatenata". D'estate, la macchina la usavo solo in caso di estrema necessità. Per andare al lavoro, dagli amici la sera, anche in discoteca a 50 km. da casa, volevo sempre il mio fido "catorcio", chiamiamolo così. I motorini stavano subendo il crepuscolo degli dei, erano diventati metallo da rottamazione, ma io ero di un altro avviso. Molto difficilmente mi sarei venduto un pezzo di storia per risparmiare 300 € su uno scooterone.
E infatti il Bravo è ancora lì. Ultima modifica, quasi cinque anni fa. Oramai avevo ventisette anni, era ora di fare la persona seria. Feci la felicità di diversi appassionati vendendo il kit Malossi, il variatore Polini e la marmitta SP. Rimediai la piastra per il carburatore di serie, lo rimisi al suo posto, cercai un kit in cilindrata originale che avesse però "qualcosa in più" (e a tale scopo il mitico Olympia 4 travasi sembrava fatto apposta), tirai su dallo scaffale la vecchia Sito di serie, e misi assieme un motore che sembrava fatto apposta per consumare poco: carter lamellari Malossi MP con carburatore di serie 12/12 e albero a volani pieni, kit Olympia Ø 38.4 quattro travasi, marmitta di serie, e variatore Multivar Malossi. I risultati non mancano: si parla di 50 km/l e una velocità superiore ai 50 all'ora, con una godibilità che il motore di serie si sogna.
Poi, l'oblio. Per "dare retta" alla Vespa, mollai per due anni il Bravo nel box di un mio amico. Pasqua dello scorso anno: lo sfratto. Lui doveva fare posto al suo Monster e alle bottiglie di vino, mi trovai il Bravo sotto casa.
La curiosità prese subito il sopravvento: gonfiata alle gomme, e guardai se per culo, era rimasta della benza. Apri il rubinetto, tira l'aria, tre pedalate, la frizioncina attacca, e subito, ma dico SUBITO, in moto.
Aveva nostalgia, voleva farmi sentire la sua voce, e la sentiranno anche gli inglesi, appena mi trasferirò nel Regno Unito. Non so come farò a farlo immatricolare lì, ma sento che qualcosa mi inventerò, non voglio rinunciare al mio Bravo.
La foto è recente: ditemi voi se non è uno spettacolo, se non è il ritratto di un'epoca che sta scomparendo. Il tarlo del Garelli Gulp c'è ancora, e mi sa che prima o poi lo risolvo, ma la certezza di avere in box un mezzo del genere è qualcosa di gasante.