Che vuoi che sia . . .

Ti alzi una mattina presto, fai 10 metri e bussi all'amico che verrà con te.
Il caffè gorgoglia sul gas.
Guardi fuori e non sai se il grigio intorno è per l'ora mattutina o per una brutta sensazione che nemmeno vuoi pensare.
Parli piano perchè gli altri dormono e fai un cenno con la testa all'amico mentre butti giù il caffè caldo e ovviamente senza zucchero.
L'amico fa spallucce e pure lui butta giù il caffè. Lui ci mette una punta di cucchiaino appena, ma ce lo mette.

La quantità di zucchero che uno mette nel caffè può essere un segno di come uno affronta le cose.
Può essere . . . ma può essere pure, e solo, che a lui piace poco dolce e a me del tutto amaro e tutti e due dovremo affrontare circa un bel po' km in vespa e il caffè ci serve solo per aprire gli occhi.

Si esce fuori, un uomo passa in bicicletta e saluta, non lo conosciamo ma nei paesini si saluta. S saluta e basta per educazione, non perchè si conosce chi si incontra.
Rispondiamo e ci avviamo al garage.
Ci guardiamo in faccia perchè qualche goccia ci è caduta sul viso.

Ridacchiando in silenzio cominciamo a prepararci per la partenza. Sistemiamo i bagagli sui portapacchi e li imbustiamo bene prima di fissarli con le corde elastiche.
Se acqua sarà, almeno saremo pronti.
Poi i pantaloni antipioggia. Prima una gamba, poi l'altra.
Il giubbotto.
Rumore di zip che salgono rapide e poche parole.
Un'auto passa in salita in seconda, arranca lamentandosi che pare che gli sti saltando la frizione, ma sale.
Sopra il giubbotto il K-Way, poi il casco, i guanti e si spingono le vespe fuori.

La saracinesca si abbassa.

Assonnata la donna dell'amico ci viene a salutare, un bacio, due parole e una pedivellata.

Il rumore borbottante copre gli ultimi saluti affettuosi, poi la pedivellata all'altra vespa dice che è ora.

Si parte.

In discesa si scaldano i motori lentamente e attraverso i tornanti siamo fuori dal paesino.
Si comincia a tirare un po le marce,
Non abbiamo fretta l'appuntamento è per il tardo pomeriggio, molti hm più in giù.

Strade ci aspettano, curve, incroci, rifornimenti, strada, strada, strada, rumore di gri motore, abbassamenti, qualche imprecazione per l'immancabile imbecille e poi paesagg da gustarsi con calma e predisposizione.

Il viaggio si pregusta prima di iniziarlo e come un rapporto amoroso quando poi ci sei in mezzo sei preso da altro e rischi di pederti quello per cui lo volevi e lo volevi da fare di tutto per essere li . . . in strada.

E si mette a piovere!!!

Si . . . non sono più solo gocce fastidiose, questa ormai si può catalogare "pioggia" e nessuno avrebbe nulla da ridire.
Il grigio mattutino non era un sole pigro che tardfava ad accompagnarti.
ll grigio mattutino era grigio!!!
Erano nuvole che si trattenevano appena dal vomitare quello che si erano bevuto in una notte brava molte miglia più a sud e ora ci venivano incontro, inesorabili e spietate nella loro ubriachezza molesta.

Era pioggia, sempre più fitta e non c'era più scelta o speranza, si doveva andare a quell'appuntamento organizzato e atteso dall'anno precedente.

Tanto . . . siamo tutti imbavagliati e ben coperti da nylon e cordura e plastica e grasso e altri sortilegi contro la pioggia.

Si . . .

Stocazzo!!!

Dopo appena una trentina di km siamo quasi al mare e ormai, anche se non vogliamo ammetterlo e ancora speranzosi che spiova . . . siamo fradici e zuppi.

Si, fradici e zuppi dopo appena trenta km.
L'umido lo comincio a sentire sui guanti di pelle e poi sui polsi che tenta di salire per le maniche ma viene anticipato da quello che percepisco sotto i pantaloni, sulla sella.

Merda, merda e poi merda!!!
Tutti gli indumenti antipioggia non tengono come tenevano l'ultima volta e come davamo per scontato che dovessero tenere.

Siamo bagnati.
Sempre più e in punti diversi.

Le strade sono dei laghi e gli incroci con gli altri autoveicoli sono scontri furiosi, sono secchiate di acqua sul bagnato.
Su di noi.

Quattro giovani deficenti ci sorpassano in una beatle giallo paglia, ci annaffiano e spariscono tra il rumore degli altoparlanti e della loro idiozia.

I km passano e c'è solo da continuare.
Il grigio è ormai nero e sarà si e no primo pomeriggio di un estate che sta per arrivare.

Ci fermiamo in una stazione di servizio che io batto i denti dal freddo e consapevole di essere bagnato in ogni parte del corpo.

Riusciamo a chiedere un caffè e . . . la barista desolata ci dce che per via del temporale manca la luce da ore e la macchina non ha pressione.
Niente caffè, the o qualsiali altra cosa calda.
Non ricordo cosa abbiamo bevuto, ricordo che non riuscivo a smettere di tremare dal freddo . . . a giugno!
E strizzavo acqua dai guanti in continuazione.

Facciamo benzina e aspettiamo un po ma è chiaro che non c'è speranza che smetta.
In fondo, nella direzione in cui dobbiamo andare si intravede del celeste in mezzo a nuvole nere da sembrar notte.
Le sigarette son bagnate.
Ci guardiamo e si parte.
Ci aspettano forse una cinquantina ancora di km e più bagnati di così non si può, quindi finchè si regge si va.

E andiamo, andiamo solcando fiumi percorsi da auto e camion invece che barche, con semafori e incroci che sembrano strade e invece sono fiumi e noi ne seguiamo il corso.
Ogni semaforo e ogni sosta è un piede in 20 cm d'acqua. Ogni veicolo che si incontra sono onde che ci arrivano incontro da affrontare in quei secondi di buio e di acqua addosso, ma andiamo avanti.
Andiamo . . .

Quando siamo a circa una decina di km dall'arrivo non piove più.
Un azzurro ci viene incontro e ci fa intuire che alle nostre spalle c'è un sole che tramonta con riflessi amaranto tra nuvole nere.

Uno spettacolo bellissimo, da fermarsi a rimirarlo incantati se non fossimo inebetiti dal freddo e bagnati come baccalà sotto sale.

Siamo arrivati alla meta.
Intirizziti, bagnati come non ricordavo ci si potesse bagnare, ma siamo arrivati.

Seguiamo la mia memoria per arrivare all'albergo. Ci riesco facile, non sono ancora in totale ipotermia e non vedo l'ora di accendermi una camel asciutta.

Siamo arrivati e qualcuno ci aspetta.
Ci guardano ridendo tra lo sfottò e l'ammirazione.
Ci indicano il garage, battute di pami di mano al volo di passaggio tra schizz di acqua ad ogni 5.
Ci fermiamo e togliamo i caschi.
Ci guardiamo io e Gino e ci mettiamo a ridere, mentre arrivano gli altri intorno.

Mi accendo tremante quella cazza di camel che avevo in mente da km e km, da litri e litri di acqua addietro.

Siamo arrivati a Reggio di Calabria e ormai il cielo sopra di noi è un tenue blu tendente all'arancio.
E' una tramonto bellissimo, le rondini stridono sopra di noi e la città intera si prepara al passeggio serale.

Noi aneliamo solo una doccia e dei panni asciutti che andremo bagnati a comprare tutti.
Abbiamo una faccia stanca e contenta io e Gino.
Abbiamo attraversato l'inferno per trovare pacche sulle spalle di amici comuni.

Domani si parte per la Tre Mari e tutto deve ancora cominciare.