12 giugno, alle 4:00 di mattina chiudo la saracinesca del garage, accendo Vespa Caterina, il contachilometri segna 61.243, e mi arrampico per la rampa che porta al cancello, dopo pochi minuti sono sul Grande raccordo anulare, verso l’Aurelia e poi sulla Roma - Civitavecchia.
E’ fresco, quasi freddo, non c’è nessuno in giro, il motore gira rotondo. Il Gps segna una velocità tra gli 85 ed i 90. C’è vento. Ho fatto bene a montare solo il portapacchi anteriore, caricato con la borsa stagna rende l’avantreno della vespa più stabile e meno sensibile alle folate di vento.
Sulla parte di King & Queen dedicata al passeggero ho sistemato lo zainetto con gli effetti personali e la tuta antipioggia, sperando di non doverla usare…
Aurelia, poi l’A12, dove all’altezza di Massa una automobilista francese mi saluta dal finestrino, la sua auto traina una 500 d’epoca. Un saluto benaugurante, lo prendo come incoraggiamento a proseguire spedito. Il vento adesso è fortissimo, il 200 usa tutta la sua coppia per andare sui 90, ma il consumo ne risente.
E’ la prima volta che da solo andrò così lontano, e sono un po’ preoccupato. Il motore è stato rifatto da poco, ma dopo averlo richiuso ho fatto solo 300 km, forse pochi per evidenziare eventuali magagne. Ma oramai sono in ballo…
Nel tratto tra la Spezia e Sestri cedo il passo ad un Tir, suona e accende le quattro frecce per ringraziarmi. Piccolo episodio di socializzazione che si ripeterà spesso durante il viaggio, facendomi sentire meno solo. Non che mi dispiaccia, viaggiare da solo. Ho tante cose cui pensare…
A12, A10 e poi A26. Verso le 13:00 mi fermo per mangiare qualcosa, interrotto spesso, piacevolmente, da chi mi chiedo dove sia diretto.
“Londra! Davvero! Con questa qui???” indicando Vespa Caterina.
Già, proprio con lei. Fino all’ultimo ho cincischiato, indeciso se andare con la Gt200, più veloce, comoda e sicura. Mi ha convinto un meccanico. “Io andrei con il Px - ha detto - Sicuramente non si romperà, e comunque se dovesse rompersi, potrai ripararlo sicuramente…”. E infatti…
Riprendo la marcia dopo aver mangiato, sono quasi ad Alessandria. Filo veloce, il vento c’è, ma stavolta mi spinge invece di frenarmi. 95, 100, supero un altro tir sfiorando i 105. All’improvviso un battito forte e ripetuto comincia a salire da sotto la pedana, insieme ad forte odore di gomma bruciata. “Ecco qua, Stefano, il tuo VWD finisce qui…”.
Mi faccio superare a destra dal tir strombazzante e accosto, convinto di dover constatare chissà quale massacro meccanico. Invece è solo la molla del cavalletto che si è spezzata, forse le vibrazioni, forse colpita da qualche oggetto.
Niente di grave, ma una bella scocciatura. Con una fascetta da elettricista fisso il cavalletto e mi metto a pensare come fare. Dovrei entrare in città ad Alessandria, o Torino, cercare un ricambista Piaggio e comprare una nuova molla. Ma sono le 13:30, dovrei aspettare che riaprano, e perderei tempo prezioso. Poi mi ricordo che ragazzo, conosciuto tramite il forum di Vespa Resources, saputo che sarei andato a Londra, mi aveva scritto offrendomi il suo aiuto in caso di bisogno. Abita poco distante da Torino, proprio lungo il mio itinerario. Gli scrivo un sms, dopo poco sono da lui, smontiamo la molla dal suo cavalletto e la rimontiamo sul mio. Posso ripartire! Lo saluto con riconoscenza. Si è comportato da vero vespista! Grazie ancora Mirko!
Riprendo la strada, l’idea è di percorrere il valico del Moncenisio e scendere verso Chambery, va nuvoloni neri in quota, e soprattutto alcuni motociclisti che incontro all’inizio della salita, mi fanno cambiare idea. A sentir loro lassù piove e fa molto freddo…
Opto per il tunnel del Frejius, costoso ma veloce. E’ la prima rinuncia che faccio lungo il mio viaggio, ne seguiranno altre…
Nel tardo pomeriggio sono all’Etap che avevo prenotato prima di partire, ci sono arrivato infreddolito e con la benzina quasi a zero. Compro due panini da un ambulante, mangio in fretta, poi doccia e a letto. Ho fatto 850 km, di cui molti col vento. Del resto il vento non mi abbandonerà quasi mai.
La mattina seguente, dopo colazione carico la vespa. Piove, fa freddo, praticamente ho indosso tutto quello che ho. Riparto, dopo qualche chilometro di autostrada Vespa Caterina comincia a fare e bizze, scoppietta, perde colpi. Riesco a percorrere una decina di km in queste condizioni, tra pioggia, vento e tir, fino ad una area di servizio. Il morale è a terra…
Smonto la chiappa destra, guardo il motore in attesa di una illuminazione… Poi tento la cosa più semplice, cambio la candela. Ne prendo una, e mentre sto per rimontarla mi prende un colpo: è a passo corto!!! Prendo la seconda, idem!!! La terza la spizzo come se fossero carte da poker… E’ a passo lungo, ma è usata. Incrocio le dita e la monto. Caterina si accende subito, e accelera allegramente. Subito dopo si avvicina un motociclista, guarda la targa, mi chiede dove sto andando. “Bon voyage!” esclama, dopo averlo saputo.
Anche la ragazza francese mi aveva salutato, e poco dopo mi si era rotto il cavalletto… Speriamo bene. Gesto apotropaico e si riparte. Per un po’ va tutto bene, poi ancora qualche bizza, decido di uscire dalla autostrada e cercare una candela nuova a Chambery. Incontro un negozio Ducati, entro con in mano la candela come campione, ne cercano una nuova per venti minuti e poi desistono sconsolati, ma mi indicano un ricambista che dovrebbe averne. Infatti ne ha, ne prendo tre e riprendo l’autostrada. Vespa Caterina, forse contenta per le tre candele nuove, decide di continuare con quella usata, e smette di comportarsi male.
Autostrada, autostrada, autostrada… poco dopo Lione si abbatte sull’asfalto, che in Francia non è drenante, un temporale terrificante, l’acqua cade così violentemente che mi fa male alle mani, molte auto si fermano. Io proseguo lentamente sperando che passi presto. Finisce presto, ma poco dopo ricomincia, tale e quale… Alla fine smette, il cielo schiarisce, senza rasserenarsi, si rialza il ventone, e in un quarto d’ora sono praticamente asciutto.
Mi fermo per pranzare in una di quelle belle area di sosta frequenti in Francia ed in Germania, per noi italiani vere oasi, con fontanelle di acqua potabile e carta igienica nei bagni (puliti…). Alterno soste per la benzina nelle aree di servizio a soste rifocillanti in quelle di parcheggio, andando avanti la schiena comincia a farmi male, e il rumore costante del vento è veramente fastidioso.
Entro nell’ennesima area di servizio, vado alle colonnine e trovo ferma un’altra Vespa, è italiana, il conducente ha addosso uno zaino enorme, mi domando come riesca a viaggiare in quelle condizioni, io mi sarei spezzato in due! Mi vede, ci capiamo. “Vai a Londra anche tu?”. Ci ritroviamo a parcheggiare le vespe vicine prima di entrare a pagare. Io sono alla cassa ed entra un gendarme, mi vede e mi chiede qualcosa. Gli rispondo che non capisco, ce non parlo francese, aspetta pazientemente che faccia la fila alla cassa ed esca. Mi domanda qualcosa che io interpreto fantasiosamente come “viaggia insieme all’altro vespista?”. Invece mi ha domandato se una delle vespe fosse la mia… Io rispondo di no, mi guarda con sospetto, e poi rientra. Quando riesce sto accendendo la vespa, mi guarda malissimo, io capisco finalmente la sua domanda…
Troppo tardi, visibilmente indispettito il gendarme controlla accuratamente i documenti miei e di Caterina, poi scartabella un librone alla ricerca di non so che, infine chiama via radio e via cellulare qualcuno… L’esito delle ricerche è fortunatamente negativo, e dopo delle scuse, tirate, mi lascia andare. Il capannello di persone che si era formato emette sospiri di approvazione, e sono sicuro che se non ci fosse stato il gendarme vicino, sarebbero anche partiti gli applausi…
Ho perso quasi mezz’ora, a Reims mi aspetta il mio albergo 1ere Class, la doccia, la cena. L’albergo 1ere Class di Reims è bruttino, affollato di studenti tedeschi e non ha il parcheggio custodito, ma convinto dalle rassicurazioni della ragazza alla reception, scarico i bagagli e chiudo il bloccaruota. Ricomincia a piovere, sono un po’ stufo. Ceno in ristorante attaccato all’albergo, dove mi servono un bistecca buonissima, ma con una estensione di 6/7 cmq. Vado a letto, crollo in sonno profondo.
La mattina del 14 giugno preparo velocemente i bagagli, faccio colazione insieme a dei muratori rumeni o giù di lì e carico la vespa sotto lo sguardo curioso di una decina di ragazzini. Ma non riesco a sbloccare l’efficientissimo blocca ruota, l’umidità deve averlo bloccato troppo. Comincio a sudare freddo, mi ferisco una nocchia della mano destra, ed alla fine riesco a liberare la ruota. Parto a razzo, sono solo a 300 km dalla Manica.
Arrivo a Calais viaggiando sempre sui 100 all’ora. E’ sereno, ma non fa caldo, anzi. Tira sempre vento. Decido di provare l’Eurotunnel, arrivo velocemente alle biglietterie dove scopro con orrore che la tratta di sola andata costa 103 euro!!! Ma vabbè, decido di spendere questi soldi, tanto l’Eurotunnel non lo prenderò mai più, proviamo l’esperienza…
Sullo scontrino della carta di credito sono segnate le 11:09, quando metterò benzina nella campagna inglese del Kent, a 50 miglia da Londra, saranno le 11:49 (con la differenza di fuso orario, sono 1 ora e 40 minuti, il ritorno col traghetto richiederà quasi tre ore e mezza col check-in).
Dopo una trentina di miglia (ho impostato il gps sulle unità di misura imperiali) di guida nella tipica campagna inglese, mi addentro nell’area urbana londinese. Percorrendo un terribile tunnel nero, stretto e puzzolente arrivo davanti al campus della Queen Mary University. Si capisce che qui dormiranno centinaia di vespisti: vespe transitano sui marciapiedi,posteggiano sulle aiuole, affollano le aree pedonali…
Telefono a Luca, mio compagno di VWD, che è partito un giorno prima, ma che deve ancora arrivare, ma è a pochi km. Intanto vado a pranzare, altra bistecca, stavolta di dimensioni decorose con bicchierone di vino rosso, per una decina di sterline. Ma Londra non era cara?
Arriva Luca, andiamo alla reception e ritiriamo le chiavi delle stanze, saliamo. Le stanze sono simili a quelle degli alberghi economici dove ho dormito salendo a Londra. Ma sono pulite e confortevoli.
Intanto arriva anche l’amica di Luca, atterrata con un volo Alitalia a Heatrow, mentre il suo bagaglio no. Bagaglio che contiene l’indispensabile tuta antipioggia, e che verrà infine recapitato alla reception del campus, appena dopo che l’amica di Luca avrà acquistato una ulteriore tuta antipioggia…
E’ oramai sera, compriamo dodici chili di pollo fritto e nove Bud in ambiguissimi esercizi commerciali, e consumiamo l’unto e ipercalorico pasto nella cucina riservata agli occupanti delle stanze del nostro piano. Per me, che non ero mai stato a Londra, l’offerta di cibo è incredibile per quantità e varietà.
Lungo la strada davanti all’accesso del campus sciamano decine di vespe, tutte ad elevata velocità. Sono posteggiate ovunque, soprattutto dove è vietatissimo. Ma le forze dell’ordine sono molto tolleranti, un po’ meno gli automobilisti londinesi, che tendono ad investirti se occupi la loro carreggiata. Alla fine comunque il bilancio sarà positivo, non abbiamo mai sbagliato il senso di marcia (oppure non ce ne siamo mai accorti), e non abbiamo avuto problemi di sorta, a parte la pioggia, e la gestione delle pinte di birra ingollate…
La mattina dopo, il 15, facciamo un giro per Londra, ed andiamo al Camden Market, dove, comprati i souvenir, pranziamo con del cibo acquistato ad un banco polacco. Piove e smette in continuazione, alla fine non ci copriamo più. La sera, ci rendiamo liberi, io vado a cena da un mio amico del liceo, che da vive a Londra da una ventina d’anni. L’indispensabile gps mi guida in questa enorme città, ogni spostamento è di minimo 7/8 miglia, mi fermo a comprare una improbabile bottiglia di vino rosso italiano (che cmq non assaggerò) e citofono a Marco. Scende, grandi abbracci, mi fa mettere la vespa nel giardino condominiale perché è più sicura. Passerò una piacevole serata di rimpatrio, a parte il succo di ciliegia che mi si vorrebbe far bere col pesce arrosto.
Sabato mattina si va al Vespa Village (sicuramente il più brutto che abbia mai visto, disadorno, squallido e sferzato da un vento maligno), alle 10:30 partirà la parata! L’idea di percorrere Londra insieme a migliaia di altri vespisti sgassanti mi alletta. Purtroppo scopriremo presto che l’itinerario predisposto è senza senso, una specie di tour delle tangenziali intorno Londra. Molti si sganciano subito, io mi perdo per cercare della benzina. Penso ai cinquantini, seminati dalle staffette che andavano mai sotto gli 80… Si torna al campus, alle 18:30 c’è la cena di gala! Siamo comunque tutti molto scettici.
In effetti la cena non è malaccio, a parte l’assenza di bevande alcoliche, ma ce ne andiamo molto presto, anche perché la mattina dopo dovremo ripartire per tornare a casa.
Domenica mattina alle 8 in punto partiamo dal campus, entro le 9:45 dobbiamo essere all’imbarco del traghetto, dove arriviamo in tempo, e troviamo una decina di vespisti siciliani che stanno rintontonendo gli addetti al check-in. Con la scusa di “raggiungere gli altri” passiamo davanti a decine di auto in fila, i cui conducenti mugugnano… Una volta a bordo spendiamo gli ultimi pounds che abbiamo in tasca consumando cibo del self service, Luca, che non ha preso la xamamina, si abbatte dormiente su una panchina sul ponte del traghetto, si risveglierà all’attracco.
Una volta sbarcati puntiamo verso il Belgio, abbiamo prenotato un albergo a Libramont, nel sud, quasi nel Lussemburgo. Dopo le autostrade francesi guidiamo su lunghe e dritte autostrade grigie. Il Belgio non smentisce la sua fama di paese “depresso”, ancorchè ricco.
Lasciamo l’autostrada per una statale dritta nei boschi, il paesaggio cambia, attraversiamo una bellissima campagna. La strada è deserta. L’assenza di vento e l’andatura del mio compagno di viaggio, che guida tra i 75 e gli 85 all’ora, mi permette di avanzare con un filo di gas, consumando pochissimo (dai 25 km litro dell’andata passo ai quasi 40), ma evidenziando una sgradevolissima vibrazione del motore, un battito in testa o non so che altro, sembra quasi provocata dalla serratura del bauletto. Mi si pianta nel cervello e mi fa innervosire, poi mi ci abituo. Qualunque cosa sia pare non dannosa, dato che l’ha fatto per 2000 km…
Arriviamo tardi a Libramont e ci buttiamo subito nel ristorante attiguo e da lì subito a letto. Dividiamo una stanza doppia, applico alle mie orecchie provvidenziali tappi.
Lunedì mattina usciamo dal Belgio, attraversiamo un po’ di Lussemburgo, ed entriamo in Germania. La giornata scorre tranquilla tra rifornimenti e soste pipì fino ad arrivare quasi al confine con l’Austria, dove in un paesino alpino, Oberammergau, è prevista la sosta notte.
Ma lo svincolo dove il gps ci indica di uscire non appare… Le mappe non sono abbastanza aggiornate, siamo obbligati a percorrere ancora la nuova autostrada, deserta e senza benzinai, uscire ben più avanti del previsto e raggiungere il paese con una bella strada piena di curve veloci. Sarebbe un piacere, se non fossimo quasi in riserva e non sapessimo quanto effettivamente manchi all’albergo. Brutta cosa dipendere da un navigatore satellitare, se dovesse smettere di funzionare saremmo senza indicazioni, ho anche dimenticati di portare lo stradario… Una dimenticanza da pivello!
Comunque arriviamo, scarichiamo i bagagli e camminiamo, finalmente a piedi, verso il ristorante raccomandatoci dal gestore dell’albergo. Grande posto effettivamente! Ordiniamo uno stinco di maiale tipo fritto panato, e della birre prodotta da loro, buonissima. Arriva lo stinco, peserà un chilo, io non riuscirò a finirlo. Per la cronaca, la mega porzione di carne, guarnita di patate e crauti, e due birre grandi, costeranno 20 euro, in un ristorante che sembra di alto livello.
Del resto anche la sera prima in Belgio, una cena simile era costata poco di più.
Si torna in camera, ci si lascia con la decisione di non lasciare più la tuta antipioggia a portata di mano, “tanto non piove più”.
Nella notte il paese alpino è flagellato da un nubifragio, a me arriva acqua sul letto e devo alzarmi per chiudere la finestra. Luca la mattina troverà il casco, lasciato attaccato alla vespa, pieno di acqua, a mo’ di bacinella, la mia sella restituirà l’acqua che ha assorbito goccia a goccia fino all’arrivo a casa…
Martedì mattina, prima di ripartire sistemo gli unici altri due problemini che ho avuto alla vespa, rimetto in posizione la lampadina della freccia post. sx, che non funzionava perchè si era allentata, e stringo con una fascetta il tubo della benzina all’ingresso del carburatore, per annullare una perdita di benzina. Devo essere contento di Caterina!
Si parte! La meta è Cesena, anzi Borrello, qualche km più a sud. Dalla Germania in Austria, dall’Austria in Italia attraverso il Brennero. Una chiusura della strada principale austriaca per il Brennero ci obbliga ad un lungo percorso alternativo, ma alla fine arriviamo in Italia.
Luca va tranquillo, lo vedo nello specchietto. Ad un certo punto schizza avanti e supera un camion, nello stesso momento mi accorgo che ho mancato il bivio segnalatomi dal navigatore, sono costretto a superare anche io il camion per raggiungere Luca e avvisarlo dell’errore. Una volta insieme, decido di accettare le indicazioni che mi da il gps per ritornare sulla giusta via. Giriamo per una strada secondaria, che diventa sempre più stretta, poi bianca, poi sterrata, poi una mulattiera… Luca mi segue perplesso… Per fortuna dopo un po’ il fondo migliora, poi torna asfaltato. Passando praticamente dentro dei masi alpini raggiungiamo una bella strada in salita, la seguiamo. Ci ritroviamo sul valico del Pennes, a 2210 metri, tra torme di motociclisti ingarellati.
Subito dopo mi accorgo che Luca ha perso il bagaglio posteriore! Dalle foto fatte realizziamo che deve essere successo all’inizio del tratto sterrato. Deve tornare indietro, io resto lì, decidiamo di rivederci lunga la statale del Brennero, dopo Bolzano.
Io arrivo all’appuntamento mezz’ora prima di lui, che deve fare più strada. Fa caldissimo, sono le 14:00. Ho fame e sete mancano ancora tanti km da percorrere.
Luca mi raggiunge, mangiamo poco dopo, poi divoriamo la statale fino a Verona. Ci diamo dentro e recuperiamo parte del ritardo. Dopo Verona arriviamo a Rovigo, poi a Ferrara. Imbocchiamo la Romea. Ci stiamo avvicinando. Per fortuna anche Luca ha deciso di dare più gas.
Fa ancora più caldo e siamo stufi di tutta quella strada. Si sa che il ritorno non è mai piacevole come l’andata. Comunque verso le 21:00 arriviamo a destinazione. Un bell’albergo, stanze grandi e comode, la mia stanza ha accesso diretto al garage dove ricoveriamo le vespe. Decidiamo di mangiare nel vicino Autogrill, che non si rivela neanche malaccio. Si va a letto, un po’ giù di morale.
Mercoledì mattina ripartiamo alle 8:00, da casa ci separano poco più di 300 km, l’E45 sfila via veloce, a Terni prendiamo la Flaminia, le cui belle curve rendono piacevoli l’ultima parte del viaggio.
All’altezza di Civita Castellana entro in una buca gigante, il contraccolpo fa sganciare il navigatore dal supporto e lo proietta in un frattone. Lo cerchiamo per mezz’ora prima di abbandonare le ricerche, di lui mi resta solo la scheda di memoria!
Dopo una mezz’oretta ci salutiamo lungo la strada, Luca continua per Roma, io giro verso il Tevere e Mentana, finalmente a casa. Una volta in garage, controllo il contachilometri, segna 65572. E’ andata!
Devo ringraziare per questo Luca, che mi ha revisionato il motore prima della partenza e che mi ha accompagnato in questa lunga corsa attraverso mezza Europa, dimostrando molta pazienza per le mie bizze… Devo anche ringraziare Mirko, che mi ha risolto il problema del cavalletto, non facendomi sentire solo, a 600 km da casa… E Lorenzo, anche lui mi ha offerto il suo aiuto.
Ed in fondo devo ringraziare tutti voi che avete avuto la forza di leggere fino a qui, che tramite i forum su cui scrivete, o i raduni cui partecipate, o i racconti dei vostri viaggi, mi avete trasmesso e continuate a mantenere vivo l’entusiasmo per la vespa!
Stefano
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