Oh beh, se addirittura c'è una risposta così rapida dopo settimane di silenzio (da parte mia), mi sembra giusto cominciare subito. Sappiate però che da domani a domenica sarò a Lucca per il Lucca Comics - che quest'anno è pure dedicato al viaggio! - per cui proseguirò in settimana nuova. In compenso se qualcuno ci va magari ci si potrebbe incontrare :D

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23.07.2015 - Terrazza di casa.


Come risolvere il terrore della pagina bianca? Come iniziare un diario di viaggio? Con due domande ed una pagina bianca. Così tutti gli inizi sono ancora disponibili, se questo farà schifo potrò sempre cambiarlo senza dover buttare via niente. E’ un po’ come assicurarsi un “secondo shot”, cosa non sempre possibile nella vita ma, ehi, questa è letteratura.
Ho messo la playlist ricostruita sulla base degli articoli relativi alla notte dello spoglio del referendum greco del 5 luglio. Inizia con “London calling”, io sono arrivato a “Siga min klapsw”, una canzone greca di Giannis Agelakas. Poi c’è “Bella ciao” dei Modena. La playlist riflette l’ispirazione del viaggio. Guccini forse sarebbe stato più appropriato, ma è una sfida fra titani. Il titolo provvisorio del viaggio - supponendo che un viaggio abbia bisogno di un titolo - è “Radici”. Meno di dieci giorni fa ho compiuto 30 anni, una cifra che di per sé vuol dire poco, ma che molti associano ad un traguardo raggiunto. Io, perché sono parte in causa, non vedo cosa ci sia di così particolare nell’aver raggiunto trent’anni - ma forse parlo così solo perché voglio continuare a fare il giovane. In realtà in parte sento anch’io la necessità di mettere un punto. Forse un bilancio? Forse è meglio dire “capire da dove sono arrivato” (e un po’ anche capire dove voglio andare). La presa di coscienza della mia omosessualità ha provocato - come era prevedibile - una radicale ansia di ristrutturazione in me, in parte anche il timore dover cambiare. Schemi di pensiero, abitudini, a volte in alcuni deliri notturni persino idee politiche (inaudito!). Ma niente di così catastrofico è successo: quelli che mi piace chiamare “fondamenti della mia personalità” e cioè le direzioni in cui ho scientemente deciso di muovermi ormai da alcuni anni - comunismo, ateismo, rifiuto dell’autorità e ironia - sono ancora i capisaldi della mia azione nel mondo, e dunque non v’è niente di cui preoccuparsi. A parte il fatto di aver messo in conto di arrivare via terra ad Atene, a più di 4000 km di distanza da Firenze, attraversando posti che non ho mai visto di persona. Ma in sella alla vespa ci sono già stato, ho scollinato le Alpi, raggiunto la Francia e tornato indietro tutti intero. Potrebbero andare storte un sacco di cose, ma potrebbe anche andare tutto bene. Chi si ferma è perduto.

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04.08.2015 - 55863 km - Firenze/Trieste


Partenza.
Due sere prima Firenze è funestata da una tromba d’aria che, con precisione millimetrica, fa volare i tetti di Firenze Sud. In retrospettiva, è un bel modo di avvicinarsi alla data clou. Ma ci sono date clou, negli avvenimenti piccini? O forse la dimensione impedisce che si usi quell’asetticità tipica dei manuali di storia, dove con penna e righello si tracciano righe e si innalzano confini teorici: prima e dopo il 1492, prima e dopo il 1914, prima e dopo il 1989. Prima e dopo una partenza. Il fatto puntuale riveste la sua importanza, è chiaro, ma non è mai così puntuale. Per questa partenza io sono in fibrillazione da giorni, ho preparato i bagagli ma non li ho mai caricati su Tesla: ci staranno? Tutti? Dubbi. Comunque arriva l’orario prescelto e quindi si scende in strada, con tutto addosso (non mi piace l’idea di lasciare senza sorveglianza i bagagli mentre torno in casa a fare un secondo viaggio; fortuna che l’approccio cambierà notevolmente nel proseguo del viaggio, la roba è abbastanza pesante). Nick Asaro vuole scattare foto della partenza. Mi sottopongo alla cosa con un po’ di imbarazzo - detesto essere fotografato - ed una punta di soddisfazione: almeno una persona l’ho smossa, con questa mia quasi-folle idea di raggiungere Atene via terra con la mia vespa. Che poi il punto, ho il sospetto, è proprio la vespa. Tesla. Che pure non riesce a scrollarsi di dosso la cattiva reputazione, nonostante mi abbia felicemente portato in Francia nel 2011, e che da oltre dieci anni, pur tra alti e bassi, continui a fare il suo porco lavoro per le vie di Firenze (che non è la prostituzione, ma portare me in giro). Da quando poi sono dimagrito, mi sento anche di aver fatto la mia parte diretta per la manutenzione, considerato che il suo bagaglio principale si è alleggerito di oltre venti chili.
Insomma, foto e foto e si parte! La prima sosta è dopo circa sette minuti, al benzinaio di Piazza San Jacopino: senza benzina non si va da nessuna parte e questa è una verità non eliminabile. Visto che siamo alle soglie di un impegno gravoso, crepi l’avarizia: metto la benzina da 100 ottani. Ma nel frattempo il distributore ha cambiato marca, quindi ciccia: viaggio proletario, benzina proletaria. Piccolo screzio con il benzinaio: io, tranquillo, dopo il rifornimento mi metto a fare miscela; e quello giù subito ad urlare che mi devo spostare per non fare coda (sono le otto del mattino del quattro agosto, zona residenziale, coda non avvistata; ma vabbè). Dice che la gente va a lavorare, io invece sono in vacanza e quindi ho meno diritti. Non sarò certo io a pregiudicare l’avvio della produzione a Firenze, quindi mi faccio da parte e termino le operazioni. Adesso siamo veramente pronti. Partenza.


Prendo la via faentina, seguendo un percorso che ho rimuginato i giorni scorsi. Per superare l’Appennino c’è la classica via Bolognese, ma ho già dato nel 2011 e se posso evito i percorsi già fatti. Quindi, via Faentina. Boschi stupendi (e freschi). Arrivo vicino a Palazzuolo sul Senio, una placida cittadina che è il punto di partenza della storia di una parte della mia famiglia e che sto già pensando a come integrare nel prossimo viaggio ma al bivio giro per Marradi. Da Faenza in poi è tutto piatto: piena Val Padana. Si ripresentano i soliti interrogativi: ma come fa la gente a vivere in un posto piatto? Evidentemente ce la fa e pure bene, visto che la zona è densamente abitata. Ma basta inoltrarsi nel parco del Delta del Po perché ci si ritrovi in completa solitudine, sotto il sole cocente e con un salmastro che nemmeno fossi in mezzo al pacifico. Piatta la strada, che segue le anse dei mille rigagnoli in cui si dive il fiume all’arrivo al mare. Piatta Comacchio, che con il paese di Anita ricorda la celebre rivoluzionaria, compagna dell’Eroe dei Due Mondi, che venne qui a morire di malaria in fuga dalle truppe papaline dopo la caduta della Repubblica Romana.
A Comacchio trovo la via Romea - la SS 309 - che punta verso Trieste. E’ mia. A Boschi di Mesola mi fermo per la benzina e il pranzo (rigorosamente frutta, pare di essere in quaresima). Un po’ di ansia da partenza (solitudine?) che si riaffaccia, ma la trasformo in pungolo per superare una certa diffidenza verso gli sconosciuti e dunque attacco bottone con il tipo che tiene il banco della frutta, sul ciglio della strada. Il ragazzo (carino, per la cronaca) lavora durante la stagione estiva, dando una mano al proprietario del campo dietro il banco, mettendo da parte i soldi per trasferirsi in Argentina, dove vive il padre. Dice che la carne argentina è quasi meglio di quella toscana, ma non mi faccio prendere dal campanilismo. Un po’ perché sto cercando di spogliarmi di una certa “fiorentini” ricercata negli anni passati, ma soprattutto perché la carne argentina non l’ho ancora provata e quindi vai a sapere te se ha ragione.


Ripartenza. Macino chilometri lungo la grande curva della costa, dove la Romagna lascia il posto al Veneto e si respira un altro passo in tutto: nelle case, nel cemento, nella natura, negli uomini. Il terzo vagone della locomotiva del Nord (la “Vandea italiana”, per usare una celebre definizione) ha un suo fascino, anche se lo associo ormai all’”incubo” di Venezia: passare le grandi città scansando tangenziali è assai complicato. Nel 2011 sia Bologna che Venezia rappresentarono ostacoli quasi insormontabili (tanto che a Venezia, anche se per errore, mi toccò comunque passare dalle forche caudine della tangenziale e dividere la strada con tir e camper). Ma quest’anno sono più scafato e, complice la bussola che ho agganciato al portachiavi e un paio di richieste di informazioni ai passanti, supero con scioltezza la grande conurbazione urbana veneziana e riprendo la via Romea dopo solo un’ora di giro. Per festeggiare - ed integrare il lauto pranzo - mi fermo in una stazione di servizio per un gelato.
Mancano gli ultimi 120/140 km per Trieste. Deviazione per lavori a Monfalcone, è la seconda che mi tocca fare: e il patto di stabilità? In Friuli se ne sbattono? Ultimi km lanciati a 60 all’ora, Tesla si comporta splendidamente. Mal di cosce, culo ancora sano. Miglioro la disposizione dei bagagli e aumento lo spazio disponibile sulla sella.
Arrivo a casa sano e salvo. Mamma tutto bene, un po’ di senso di stranite a casa (sono secoli che non vengo). Strano pensare alla casa di mia madre come “la casa di mia madre”. La maturità gioca brutti scherzi? Un pensiero a Mazzoni e Francesca che stanno partendo per il loro viaggio di nozze in America. Ricomincio a leggere per l’ennesima volta “Brum brum. Da Roma a Saigon”.