Seconda parte:
"Mi piace citare, tra gli altri, due elementi della “filosofia vespistica”, che caratterizzano me e Francesco: ottime lavorazioni, fatte per durare nel tempo, e semplicità meccanica. Tradotto per noi significa: valori chiari e libertà interiore. Alzi la mano chi non si è accorto di questo nello stile di Francesco! Anche perché in casa sua lui ha respirato questi valori, se è vero che “il pesce nuota nell’acqua in cui si trova”, ed ha avuto un ottimo esempio dall’educazione che ha ricevuto dalla sua famiglia.
Un passo del vangelo ci parla del chicco di grano, che deve morire nella terra perché possa portare frutto… Sono convinto che il suo esempio di vita generosa e disponibile darà da pensare a molte persone…
C’è anche un altro aspetto, che in questi giorni mi torna in mente con insistenza, e che non posso non menzionare. Guardo e penso al Crocifisso e spontaneamente penso a Francesco… non perché anche lui sia senza peccato (tutt’altro: siamo uomini!), ma perché tutti e due, di fatto, hanno pagato con la propria vita, di persona, per delle colpe non loro!!!
Ma se Dio Padre ne ha tenuto conto per suo Figlio facendolo risorgere, perché non pensare che anche per Francesco non possa avere un occhio di riguardo particolare???
Con Lucia [sua mamma] ieri in ospedale parlavamo di santità. Ma, alla fine, siamo qui per chiedere perdono al Signore per quelle “scorie” che forse Francesco ha portato fino ad oggi con sé (questo è il senso della preghiera di suffragio), ma soprattutto per consegnarlo al Padre, dicendo al Signore: “Noi adesso finalmente te lo affidiamo. Adesso veditela tu, vedi in che posto metterlo nella tua casa. Così facendo, attraverso la nostra preghiera (che ci aiuta anche a cicatrizzare le nostre ferite), te lo consegniamo, perché desideriamo che Francesco sia santo!!!”. E abbiamo tutto il diritto e la possibilità di poter fare questa richiesta a Dio Padre!
Non per niente, la Chiesa, parlando dei santi, dice “che in ogni tempo ti furono graditi” (quindi anche oggi sono graditi a Dio!), ed anche “il loro esempio e la loro fraterna intercessione”, per confermarci la loro presenza al nostro fianco. Tanto che i miracoli accadono ancora oggi, ma ci vogliono occhi allenati a saperli riconoscere!
Dopo la Comunione svolgeremo i riti finali dell’aspersione con l’acqua benedetta e dell’incensazione. Il primo gesto richiama la dignità ricevuta col Battesimo. Da quel giorno siamo stati esplicitamente adottati da Dio, e questo regalo ci predispone a vivere una vita “alla grande”, perché in legame con lui; ma spetta alla nostra libertà e responsabilità scegliere o meno di coltivare questo dono. L’altro gesto, l’incensazione, mostra col fumo la preghiera che dalla terra sale verso il cielo; ma è anche un gesto di onore nei confronti di questo corpo che Dio ci ha donato (se se ne fosse pentito di crearci con un corpo, ce l’avrebbe levato, e saremmo rimasti come angeli! Per questo è importante rispettare la corporeità, perché anche questa è dono!), e che per ora seguirà le leggi naturali della decomposizione… Ma che alla fine del corso di questa storia di questo mondo ci verrà restituito, esattamente come è già avvenuto per Gesù risorto, che si è fatto riconoscere dai suoi amici proprio attraverso la sua corporeità!
Mi piace sempre accompagnare questi due gesti con la recita della professione di fede (il “Credo”), perché noi siamo quello che crediamo: la nostra vita si imposta a partire dalla gerarchia di valori che ci diamo e che formano il nostro modo di intendere la vita stessa. Ebbene, il cristiano, ripetendo questa formula, si ricorda “di che pasta è fatto”, nella consapevolezza di essere immerso in questa grande storia cominciata con la creazione, e che continua anche col nostro contributo positivo. Porremo attenzione in particolare alla fine di questa professione di fede: dicendo “aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà” riconosciamo che cristianamente parlando non siamo passivi nei confronti di quello che accade, ma prepariamo il terreno al futuro che ci aspetta. Un po’ come il contadino che, a secco di scorte, aspetta la pioggia (dono dall’alto) uscendo di casa dissodando, concimando, seminando… perché quando arriverà la pioggia troverà il terreno pronto per accoglierla! E così ci riallacciamo al discorso già fatto sul lavoro dell’uomo, che il Signore non dimentica quando è fatto con amore!
Credo che questa lunga spiegazione, secondo lo spirito mio e di France, abbia fatto intendere almeno in parte “come funziona il meccanismo” anche in alcuni dettagli. Vorrei concludere “dando gli ultimi giri di vite al carburatore che ora abbiamo assemblato”. Uscendo fuori di qui, accompagneremo la dimensione corporea di Francesco in “cimitero”. Questo termine, in greco, vuol dire “dormitorio”… quindi allora risulta evidente che se io vado lì per dormire, vuol dire che prima o poi mi dovrò svegliare!!!
E non voglio aggiungere altro…!!!"![]()
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